Canti di speranza

Fresco di stampa!

Una raccolta di poesie che scorrono dal 1984 al 2017. Visioni, immagini, dolori, speranze, canto. Appunti di vita, in poesia, puntualmente annotati con data e, spesso, luogo di scrittura.

IL MIO LIBRO. KATAWEB.IT

Un bellissimo commento di Efisio Cadoni:

Un poema della speranza tra fede e laica utopía

   I Canti di Giovanni Cavalli sono i versi líberi di un poeta cantore litúrgico che, fuori del coro, dà espressione ai pensieri, ai sentimenti personalíssimi, alle emozioni che gli prèmono dentro e vengon fuori attraverso parole che li fanno voci di umanità, voci di tutto il pòpolo di questo mondo e rèndono il suo poema laico, appunto, popolare nel vero senso della parola, una sorta di liturgía della speranza, di preghiera collettiva, mediante un abbandono alla privata rivelazione, come dire, a una confessione di utilità púbblica, un sacrificio, un’immolazione di sé per il bene di tutti da perseguire con la cerimonia dell’offerta dei suoi versi-preghiere, dei versi dell’attesa di un domani migliore, di ciò che non-è-ancora. Nel nutrimento della speranza.

   Questa raccolta di versi sciolti è, dunque, un poema spirituale che si presenta con le sue cinque sezioni, stazioni vitali di períodi temporali, luoghi diversi e situazioni, i “canti” in cui il poeta si fa intèrprete di tutti i cantori dell’universale tristezza, del dramma del vívere per raggiúngere, infine, quella certezza del mistero che è rivelazione di fede, oltre che sogno di speranza in un di là o in un’oltranza terrena mediante la poesía della vita, allontanando ogni difficoltà di comprensione d’uòmini fra di loro, nella società intera, di genitori e figli, mariti e mogli, nella famiglia, dello stesso poeta che, in sé, di sé soffre e si lagna, ma che, nella sofferenza, nel dubbio, nelle incertezze, nella nebbia delle sue debolezze, riconosce la propria piccolezza e, con essa, trova quell’umiltà di voler sapere le giuste vie per poter risalire verso la luce della felicità, che lo fa grande.

   Il messaggio contenuto in questo profondo libro della speranza è un inno d’amore in cui risuona, dall’inizio alla fine, il mònito del cantore-poeta ad ascoltare nella Natura e dentro noi stessi, quel canto della speranza che è ancor prima dell’orígine delle cose e del tempo umano e vi è innato, connaturato e che Giovanni Cavalli, con questi suoi versi franti, spezzati, ora dissonanti e nudi, ora composti e con vesti ornate, a tratti, di rare rime e metri ritornanti, in uno scórrere d’ermètico linguaggio, trasferisce alla nostra mente, ma per i nostri sensi e il nostro cuore.

   Non so quanto possa aver influito, in contrasto con la spersonalizzazione della liturgía versificatoria del Nostro, la precisa localizzazione e la meticolosa datazione di ogni sua canzone poètica, ma sono convinto che la musa loci ha determinato per ciascuna un’ispirazione che ne ha caratterizzato, con un’indelèbile impronta, quella particolare occasione di pensiero, di passione, di commozione, in un grande arco di legami intellettuali, sociali, sentimentali, d’amore e d’amicizia, che fa originale e sincera e salda tutta quest’òpera.  In ogni caso, l’importanza che assume, in Cavalli, la musa, Camena temporisque ac loci,  particolarmente quella che lo incalza secondo il tempo che gli matura pensieri che poi si divèllono dalla sua mente e scórrono allontanàndosi “in mille rívoli” e gli detta immàgini nette, stagliate, e parole dirette, a volte petrose, direi, d’immediatezza aspra, dura, si evidenzia là dove con piú frequenza sfocia, come nel suo Canto di gerundiva indefinitezza tra alterco, amore ed errore, nel dúplice senso di movimento qua e là, continuo, e di sviamento, di dubbio, di sbaglio, di  erranza, in senso morale amartía che è propriamente il peccato,  il non fare centro.

   Ecco, in una poètica vaga interpretazione di questa stesura di versi sciolti di Giovanni Cavalli, la conclusione potrebbe portarci a considerare la sua poesía-canto-preghiera come rivolta al raggiungimento di una soluzione escatològica d’ogni umano problema in una sorta di autoredenzione, secondo una sua visione di concretizzazione di un sogno che ci conduce ad una riflessione cara alla filosofía di Ernst Bloch nel suo “Principio Speranza” e che, in realtà, è invece, la convinzione che la conquista di un desiderato aldilà sia proprio nella coscienza di sé da parte d’ogni èssere umano, nel suo líbero arbitrio, in questa sua immanenza, ma con l’indispensàbile apporto del trascendente. Nella scelta dell’uomo, ci suggerisce il poeta,  è la redenzione, attraverso il Figlio di Dio che è Tutto, come, sibillinamente, esplicitamente attesta con críptica enunciativa dichiarazione di commiato in cui l’ último verso della sílloge, “Non è nulla”, contiene la licenza “È Tutto”. Principio e fine dell’uomo è, dunque, la Speranza. Cosí sembra cantarci Giovanni Cavalli, fotografando con i suoi versi la vita dell’umanità in bianco e nero, in un mondo in cui il sognatore dòmina sullo scienziato perché sogna ad occhi aperti, con la poesía, e riesce a gettare nel futuro il proprio sguardo, oltre le cose di questo mondo. Ma, forse, proprio in questo mondo, nella “societas amico rum” di una terra fatta nuova sotto nuovi cieli, con una trascendentale immaginazione,  il poeta sembra superare il male presente, in una conversione umana, appunto, totalmente nuova, in un domani  che Bloch indicava come Noch-Nicht-Sein ossía il futuro utopístico, l’Ancora Non Èssere, in un’oltranza della nostra esistenza.

Efisio Cadoni